Classificazione dei rifiuti Speciali e Urbani
L’art. 183 del D.Lgs. 152/2006 s.m.i. (Norme in Materia Ambientale) definisce “produttore di rifiuti“: il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”.
Per legge, la corretta classificazione dei rifiuti speciali e urbani deve essere eseguita dal produttore del rifiuto, applicando le disposizioni contenute nella decisione 2000/532/CE s.m.i. Il produttore deve identificare l’attività e il processo che ha generato i rifiuti, assegnando ad essi il codice CER/EER del Catalogo/Elenco Europeo dei Rifiuti più idoneo e definendo le loro eventuali caratteristiche di pericolo. Tale operazione, in ogni caso, deve avvenire prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione.
Rifiuti urbani o speciali? Rifiuti pericolosi o non pericolosi?
L’art. 184 del D.Lgs. 152/2006 s.m.i. dispone che i rifiuti sono classificati in urbani e speciali in base alla loro origine. A loro volta, in base alle caratteristiche di pericolosità, sono classificati in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Fra i rifiuti urbani e quelli speciali si collocava la categoria intermedia degli speciali assimilabili agli urbani i quali, in quanto assimilabili, esprimevano una potenzialità per essere assimilati. La potenzialità esiste ancora ma l’assimilazione è stata fatta “ope legis” e, a decorrere dal 1 gennaio 2021, si parla solo di rifiuti urbani.
La corretta classificazione dei rifiuti speciali e urbani è di fondamentale importanza in quanto premessa necessaria alla loro corretta gestione. Infatti, sulla base del codice EER attribuito, pericoloso o non pericoloso, variano adempimenti normativi, modalità di deposito, selezione degli operatori dei servizi di ritiro, trasporto e trattamento.
Come distinguere i rifiuti urbani o speciali?
Si definiscono rifiuti urbani (D. Lgs. 152/06, art. 184, co. 2), i rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b-ter) e precisamente:
- i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;
- i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies;
- i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;
- i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lagunari e sulle rive dei corsi d’acqua;
- i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, stralci d’erba e potature di alberi, nonché i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;
- i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 116/2020, che ha modificato in modo sostanziale il D.Lgs. 152/2006 s.m.i. (Testo Unico Ambientale), i rifiuti che in precedenza erano classificati come speciali assimilati agli urbani sono ora considerati rifiuti urbani a tutti gli effetti, in virtù di un’assimilazione ope legis. Tale assimilazione non ha più una valenza quantitativa, ma esclusivamente qualitativa, basandosi sulla natura e composizione dei rifiuti e sull’attività che li ha generati. La nuova classificazione si costruisce su un meccanismo normativo automatico, per cui i rifiuti ex assimilati e ora urbani sono: i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti, i quali:
- sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater;
- sono prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies.
Sono classificati Rifiuti speciali (D. Lgs. 152/2006, art. 184, co. 3), in contrapposizione agli urbani, i seguenti rifiuti:
- i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2135 del Codice Civile, e della pesca;
- i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto all’articolo 184-bis;
- i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2 (rifiuti urbani);
- i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli di cui al comma 2 (rifiuti urbani);
- i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2 (rifiuti urbani);
- i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2 (rifiuti urbani);
- i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;
- i rifiuti derivanti da attività sanitarie se diversi da quelli all’articolo 183, comma 1, lettera b-ter;
- i veicoli fuori uso.
Rifiuti pericolosi o non pericolosi
La classificazione dei rifiuti speciali e urbani si fonda, in primo luogo, sull’individuazione dell’origine del processo produttivo che ha generato il rifiuto stesso. Successivamente, si procede all’identificazione del capitolo dell’Elenco Europeo dei Rifiuti (EER), nonché del sottocapitolo, sulla base del processo di origine del rifiuto, scegliendo tra uno dei capitoli da 01 a 12 e da 17 a 20. La procedura di attribuzione del codice EER si basa sull’ordine di precedenza stabilito dalla decisione 2000/532/CE s.m.i.:
- precedenza 1 – capitoli da 01 a 12 e da 17 a 20, relativi alla fonte generatrice del rifiuto;
- precedenza 2 – capitoli da 13 a 15, relativi al tipo di rifiuto;
- precedenza 3 – capitolo 16, relativo ai rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco.
L’individuazione del codice EER porta ad una delle tre seguenti fattispecie:
- il rifiuto è individuato esclusivamente da un codice non pericoloso, ossia da un codice non asteriscato dell’elenco europeo di cui all’allegato della decisione 2000/532/UE, non accompagnato da una voce specchio pericolosa. In questo caso, il rifiuto è classificato automaticamente come non pericoloso, secondo il criterio dell’origine;
- il rifiuto è individuato esclusivamente da un codice pericoloso, ossia da un codice asteriscato (*) dell’elenco europeo di cui all’allegato alla decisione 2000/532/CE, non accompagnato da una corrispondente voce specchio non pericolosa. In questo caso, il codice si riferisce ad un rifiuto da classificarsi sempre come pericoloso in base all’origine;
- il rifiuto è individuato da voci specchio, ossia da due o più voci tra loro correlate, di cui almeno una pericolosa ed almeno una non pericolosa. In questo caso può essere classificato come pericoloso o non pericoloso in funzione della sussistenza o meno di una o più caratteristiche di pericolo. Occorre procedere pertanto ad una valutazione più approfondita, ai fini della sua classificazione.
Nel caso in cui l’attribuzione della pericolosità sia legata alla presenza di una o più specifiche sostanze pericolose, l’individuazione della pericolosità sarà connessa alla ricerca e alla determinazione del contenuto percentuale di tale/i specifica/che sostanza/e.
Nel caso, invece, di riferimento generico al contenuto di sostanze pericolose, la classificazione del rifiuto sarà vincolata alla ricerca e alla determinazione del contenuto di tutte le possibili sostanze pericolose che potrebbero ragionevolmente essere presenti nel rifiuto stesso.
L’attribuzione delle caratteristiche di pericolosità viene, quindi, espletata mediante le opportune verifiche da effettuarsi secondo i criteri e sulla base dei valori limite specificati dall’allegato III alla direttiva 2008/98/CE, così come sostituito dall’allegato al regolamento 2014/1357/UE e dall’allegato al regolamento 2017/997/UE. Se risulta verificata una delle condizioni previste nei punti 1 e 2, la procedura di classificazione è da ritenersi completa e il rifiuto può essere classificato con il pertinente codice, ferme restando le necessarie valutazioni da attuare sui rifiuti pericolosi ai fini della loro successiva gestione. Per questi ultimi, infatti, il soggetto chiamato a effettuare la classificazione dovrà, in ogni caso, procedere all’attribuzione della pertinente o delle pertinenti caratteristiche di pericolo.
I rifiuti identificati da voci specchio devono essere sottoposti a ulteriori valutazioni al fine di individuare il pertinente codice dell’elenco europeo dei rifiuti. La conoscenza della composizione di un rifiuto può essere ottenuta attraverso diversi metodi, applicando uno schema procedurale basato:
- sulla conoscenza del processo o dell’attività di origine;
- sull’utilizzo delle informazioni contenute nei documenti di accompagnamento del prodotto divenuto rifiuto (ad esempio, schede di sicurezza);
- sul ricorso a banche dati sulle analisi dei rifiuti;
- sull’effettuazione di analisi chimico-fisiche.
In linea generale, l’adeguata conoscenza della composizione di un rifiuto si ottiene dalla combinazione delle diverse informazioni ottenibili dall’applicazione delle modalità riportate nei punti elencati.
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